se credessi nell'astrologia, direi che ieri una congiuntura astrale voleva impedirmi di arrivare a un'ora decente (che per me vuol dire almeno sei ore prima dell'inizio) al concerto di Guccini a Firenze. mamma mia, il karma era negativissimo: la nonna-sitter era in ritardo, Trenitalia era in sciopero e il dring (trascinato al concerto molto suo malgrado) era bloccato a Pontedera (apriamo un dibattito: Pontedera esiste davvero o è una cosa tipo Babbo Natale, l'Uomo Nero, uno juventino simpatico?).
(a quanto pare, esiste)sulla superstrada troviamo un ingorgo, cerchiamo una via alternativa e ci perdiamo nei dedali fiorentini (oddio, per uno che ha passato il pomeriggio a Pontedera, la periferia di Firenze è Manhattan, ma sorvoliamo). arrivati in prossimità dello stadio venti minuti dopo il presunto inizio del concerto, è ovvio che non troveremo posto. e invece no, alla faccia di chi mi vuole male, vedo un parcheggiatore che si sbraccia a 50 metri dall'entrata del Mandelaforum. sistemiamo la macchina e noto che il suddetto chiude una transenna. è un capovolgimento di karma, abbiamo avuto il culo di occupare l'ultimo posto libero. sempre alla faccia di chi mi vuole male.
giusto mentre metto piede nell'arena, odo un boato e parte il celebre accordo di 'Canzone per un'amica', che, ricordo agli ignoranti e ai miscredenti, apre ogni concerto del Maestro. ebbene sì, mi ama ancora, mi ha aspettato.
nel tragitto dalla macchina al palasport ho invidiato gli uomini che possono piasciare praticamente dappertutto. come mio solito, e nonostante si fosse già a metà della seconda strofa della canzone d'apertura, ho dovuto cercare un bagno. certo, stavo facendo quello che faccio ogni mattina, e cioè la pipì con Lui che canta in sottofondo, però non mi era mai capitato che lo facesse dal vivo.
ovviamente non c'era più tempo per cercare un posto decente, coi pantaloni ancora a mezza gamba mi precipito su per la prima scala che ho davanti e mi ritrovo in una vecchia pubblicità della Barilla, quella col bambino che sale le gradinate dello stadio gremito e non capisce più nulla: il Maestro era a 25 metri, non di più.
(ma era più vicino)ci pensavo stamani mentre facevo la pipì, era come se lui in quel momento fosse in cucina.
il concerto è stato una via di mezzo tra una funzione religiosa e la sagra della polenta a palle. Guccini cantava un po' a casaccio le canzoni che gli chiedeva il pubblico. ha fatto persino
Vorrei - sì, Maestro, lo so che l'hai fatta per me -, un inedito sulle lotte partigiane (il testo circola in rete) e, udite udite, una canzone che non sapevo nemmeno esistesse. una sua vecchia traduzione di
Only you, datata 1957. Flaco Biondini era disperato. Vince Tempera temeva che attaccasse anche
Ufo Robot. noi invece ci siamo divertiti.
ho temuto per l'incolumità del dring quando qualcuno dal pubblico ha chiesto una canzone per Erika (Guccini ha scritto
Canzone per Silvia, ma tra boschi, arbusti e brughiere, si sa, ci si sbaglia sempre). s'era fatta una certa e il Maestro non è più di primo pelo. probabilmente è pure duro d'orecchio, ha capito una
canzone tedesca e ha detto di non conoscerne nessuna. il sant'uomo che vive insieme a me ha tremato, nel timore che mi lanciassi sul palco (ripeto, c'erano sì e no 25 metri) e attaccassi tutto il repertorio di Biermann. non l'ho fatto solo perché so che mi ama.
bella serata, alla faccia di Paolo Fox, di chi si fa le seghe mentali e di Luciano Moggi.
p.s. il mezzo litro di vino che Guccini dice di bere durante il concerto è davvero mezzo litro.