Giusto un anno fa la mia vita è cambiata radicalmente.
Giusto un anno fa, mentre Grosso tirava quell'ultimo rigore e Materazzi la famosa capocciata (era destino), iniziarono le doglie. Mi sa che ero l'unica in Italia che sperava che vincesse la Francia, non tanto per antipatia nei confronti di Lippi e Cannavaro (o meglio,
non solo per questo) quanto piuttosto perché, visto che abito in centro, visto che i caroselli per le vittorie azzurre passano sempre sotto casa mia e visto che sentivo che il capoccione non poteva nascere in un'altra notte, temevo di non arrivare in tempo all'ospedale.
Il dring, ancora convinto che la natura seguisse le sue leggi in maniera diciamo ingegneristica, disse che era solo agitazione, che mancavano ancora 4 giorni alla scadenza e se ne andò a letto. Io decisi di leggere, per ingannare il tempo mentre sotto casa impazzavano i caroselli, e scelsi
Buenos Aires horror tour, di Massimo Carlotto, che parla delle madri e le nonne di Plaza de Mayo. Se dovevo soffrire, che almeno soffrissi in compagnia di genitrici che avevano sofferto più di me.
Finiti i festeggiamenti, i duri iniziarono a festeggiare (organizzazione perfetta, è pur sempre figlio di un ingegnere), alle 2,30 andammo in ospedale. Il dring si è comportato splendidamente, si è ricordato di tutte le cose che ci avevano insegnato al corso e le ha messe in pratica da dring. L'ostetrica era esterrefatta, mi ha anche chesto se fosse medico. Io: "No, è ingegnere informatico." Lei: "Ah, questo spiega tutto. Anche se non ho capito bene cosa c'entri un
infermiere con l'informatica."
Dilatazione rapidissima, mezz'ora dopo ero già in sala parto e, sinceramente, mi chiedevo cosa ci fosse di tanto terribile nei dolori puerperali. Respiravo come mi avevano insegnato al corso e le doglie manco le sentivo. Poi l'ho capito. Nonostante spingessi con tutte le mie forze, lui non usciva. Secondo la bastarda di ginecologa di turno (certo, quelli bravi erano rimasti tutti a casa a vedere la partita) non spingevo. Certo, se mi avesse fatto l'ecografia di prassi si sarebbe accorta che il capoccione teneva il pugno (sinistro, è pur sempre figlio di sua madre) sulla fronte e magari mi avrebbe episiotomizzato prima. In ogni modo, dopo 3 urli, alle 6,35 del 10 luglio 2006 il capoccione è uscito (come direbbe Woody Allen: da quel posto in cui cercherà di rientrare per tutta la vita, o giù di lì).
Aveva solo la testa fuori e già gridava, poi me lo hanno appoggiato sulla pancia, ha smesso immediatamente di urlare e ha tirato un gran sospiro. La prima cosa che ho visto sono stati i suoi rotoli di ciccia sulla schiena e i capelli (allora) neri. Poi ha tirato su la testa e mi ha guardato negli occhi. Una delle sue occhiate maledette e investigative. Ed è stato amore a prima vista.
P.S. Mentre il medico mi ricuciva, ancora rintronata dal dolore, ho avuto la forza di dire: "Ricucia per bene, tanto non la uso più." Poi, comunque, ci ho ripensato.