06 luglio 2007

Zweisamkeit

La prima puntata del mio viaggio a Berlino è dedicata a una di quelle belle parole tedesche che non hanno un traducente in italiano e che piacciono molto alla nostra amica Lise: la Zweisamkeit.

Il Duden la definisce così: das zweisame Leben oder Handeln, dove zweisam vuol dire: gemeinsam, einträchtig zu zweien. Detto in parole povere è una cosa come 'stare insieme, in armonia, in due', ma non basta. Si tratta di un neologismo creato sulla falsariga di Einsamkeit, cioè solitudine. Al posto di quell'ein (cioè uno) iniziale è bastato inserire zwei (ovvero due) per scatenare una rivoluzione semantica che ha dell'incredibile. La Zweisamkeit è quello stato praticamente paradisiaco in cui due entità più o meno senzienti si ritrovano isolandosi dal mondo e bastando a se stesse.

In ossequio alla fama di esimia neologista che ultimamente (e a torto) mi perseguita, oserei tradurre questo meraviglioso termine con 'duitudine'. Ma stavolta devo ammettere il fallimento. Zweisamkeit significar per verba (italiane) non si poria, però l'essemplo basti cui esperienza Marx serba.








(esempio di felice duitudine)

P.S. Se non mi vergognassi a fare battute veramente stupide direi che la Zweisamkeit sul lungofiume di Friburgo si definisce Dreisamkeit.

17 commenti:

Anonimo ha detto...

anche marx & engels insieme compongono una bella zweisamkeit. e non solo loro, invero. baci.


p.s. scappo (convegno :)

Stefano Zangrando ha detto...

soliduità :-/

(p.s. es tut mir leid, non sei la prima che non riesce a commentare su harzblog, ma non so proprio come risolvere il problema!)

Anonimo ha detto...

hae anche Hegel e Fichte, se non fosse per quel povero disgraziato che hanno sepolto in mezzo a loro. ma che bello che è il Dorotheenstädtischer Friedhof? gli dedicherò probabilmente un post.

stefano-san soliduità è proprio un bel neologismo, fa pensare anche alla forza che può scaturire da un'unione del genere.

per quanto riguarda i commenti, ne ho scritto più d'uno, ma mi ostracizzi. avrei diverse cose da dirti su Hilbig, se ti interessano, scrivimi a omfaloscopia-chiocciola-gmail.com

liseuse ha detto...

Liebe Jolie
sei tornata! Quella foto con Marx è una cosa da non credere tanto è bellina, e guarda con che passione gli metti le braccia al collo :-)

Lo conosci sicuramente quel librino piccino picciò, Piccolo viaggio nell'anima tedesca, ed. Feltrinelli, che indaga su certe parole krukke al midollo - ovviamente c'è anche la Zweisamkeit, e la chiamano...aspetta che sfoglio: "dualitudine".

Anonimo ha detto...

Lise, splendore, bella anche questa versione. quel libro l'avevo e l'ho perso durante uno dei miei traslochi. ecco, potrei anche fare un post sui libri persi chissà dove. forse serve pure a ritrovarli!

p.s. ho anche una foto con engels, però il trasporto non è lo stesso :-)

bitrix ha detto...

oh sconforto, oh abisso di ignoranza che mi impedisce di apprezzare appieno questo bel post! Comunque dalla "deutsche vita" ho imparato la bellezza (e l'importanza culturale) del termine "Gemutlichkeit". Dev'essere davvero difficilissimo tradurre il tedesco: brava : )

Stefano Zangrando ha detto...

«dualitudine» è decisamente più bello e suggestivo di «soliduità» (che a dire il vero era una boutade).

Anonimo ha detto...

io sono per "duitudine"

Anonimo ha detto...

bitrix cara, non puoi sentirti ignorante accanto a me, mica sono un ingegnere!
il bello del nostro mestiere sta proprio nel trasmettere il non trasmissibile. come dice Biermann, non riusciremo mai ad avere un testo tradotto che sia uguale all'originale, ma dobbiamo sempre provare a renderlo migliore dell'originale stesso. a te è mai capitato?

stefano-san e hae senza iniziare un'inutile tetratricotomia, non mi dispiacerebbe aprire un dibattito.

"Dualitudine" è un bel termine, ma a mio avviso in italiano si associa subito a dualismo e ciò lo allontana terribilmente da Zweisamkeit, che prevede la totale unità dei due partecipanti, senza il minimo raffronto tra di essi. "Soliduità" mi piaceva, nonostante fosse una boutade, perché rimanda immediatamente al concetto di solitudine e rende bene a mio avviso il senso di fermezza e unità insito in Zweisamkeit. "Duitudine" è carino e fa pensare a solitudine, ma non in maniera immediata come il termine tedesco. Che ne pensate di "soliduitudine"?

Stefano Zangrando ha detto...

Beh, a questo punto, boutade per boutade, perché non favorire la pronuncia con «solibitudine»?

(Ma non, vi prego, bisolitudine: è troppo verosimile!)

omfaloscopia ha detto...

mmmhhh... quel "bi" visto che i gender studies prendono sempre più piede anche in Italia lo eviterei.

"bisolitudine" invece mi fa una tristezza strepitosa, oh, l'amore è una bella cosa, ricordiamocelo ogni tanto!

Anonimo ha detto...

Mmh, semplicemente a me "duitudine" pare la soluzione più indolore; gli altri termini mi sembrano troppo lontani dal fuoco semantico di "Zweisamkeit".

Si tratta a mio avviso di gettare un ponte [anche concettuale] tra i due poli opposti della solitudine e della moltitudine di cui parla Nietzsche quando, intimando al solitario di scegliere, gli ricorda che esso divora se stesso (nella solitudine) o viene divorato dagli altri (nella moltitudine)¹.

Lasciare immutato quindi il "suffisso" e sostituire lo Stamm. Credo che la regina dei neologismi potrebbe farcela abbastanza agevolmente.

Tuttavia, per restare su Nietzsche, ci sarebbe anche un rilievo da prendere in considerazione. Questo contenuto nella prima parte di Zarathustra.

«...se possiedi una virtù, e questa virtù è tua, tu non l'hai in comune con nessuno. Ma tu vuoi darle un nome e carezzarla; tu vuoi tirarle le orecchie e spassartela con lei. Ma ecco! Così facendo, tu finisci per avere il suo nome in comune con la solitudine e divenire tu stesso moltitudine e volgo con la tua virtù!

Meglio faresti a dire: "Inesprimibile e senza nome è ciò che fa il tormento e la tenerezza del mio spirito ed è la fame delle mie viscere". Sia la tua virtù troppo alta per la dimestichezza di un nome: e quando parli di lei, non vergognarti di balbettare».


Allora lasciamo in ted. il termine?



¹ domanda: e nella "duitudine" chi divora chi?

omfaloscopia ha detto...

e se inventassimo zweitudine, cosicché chi ha orecchie per intendere il riferimento al tedesco, lo intende?

per il resto, hae, forse hai ragione. forse. ho letto obliquamente il tuo commento, ho beccato giusto moltitudine, mica mi diventerai negriano? :-)

Anonimo ha detto...

...posso mandarti obliquamente a quel paese? :))


p.s. piuttosto spiegami perché auf deutsch esiste l'aggettivo alleinig e non il sostantivo Alleinigkeit che potrebbe essere una interessante variazione semantica sul tema della Einsamkeit.

proposta: e se, partendo della Einsamkeit, sovrapponessimo Zweisamkeit e Vereinsamkeit? dici che poi potremmo approdare da qualche parte auf italienisch?

p.p.s. bacio obliquo.

omfaloscopia ha detto...

Dunque, mi sa che qui stiamo entrando nella sfera della fantalinguistica virtuale, ma è divertente. Anzi, in qualità di Weltbestimmerin mi sa pure che creerò una bella cattedra all'Università di Zigo Zago e organizzerò continuamente conferenze, tanto per non farci mancare nulla.

sull'esistenza di alleinig e non di Alleinigkeit ho solo delle supposizioni. quella con maggior fondamento, sebbene assai banale, è che il sostantivo derivi dall'aggettivo e che pertanto solo quest'ultimo sia stato accolto nel Duden.

il concetto che tu hai di Vereinsamkeit (mi sembra di capire tu lo faccia derivare da Verein, associazione/circolo, più che da Ver- (rafforzativo) + einsam, solo) ti fa vincere di diritto il concorso di assistente di fantalinguistica virtuale.
praticamente due solitudini danno una duitudine che è pure sodalizio.
un dieci e lode anche in ottimismo, che non fa mai male, e in tetratricotomia, ça va sans dire.

bitrix ha detto...

comunque sì, mi è capitato quasi sempre di rendere migliori gli originali. Questo, però, non per mia gloria, ma per la quasi illeggibilità degli originali :/ Anche se dai, qualcosina di decente comincio a tradurlo anch'io. E' che il cammino di avvicinamento di una traduttrice part-time alla letteratura vera è mooolto lento e spesso slegato dal talento. Non dimenticherò mai quella traduttrice simpaticissima che conobbi a un seminario: scriveva benissimo, e traduceva gli Harmony (con stimabilissimo orgoglio e divertimento!) : )

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie