22 luglio 2007

paroletari di tutto il mondo...

sono oramai quasi due anni che ripetiamo che le parole sono importanti. hanno il potere di renderci felici o infelici e dobbiamo usarle bene. e visto che noi le parole le inventiamo pure, chi le usa bene lo chiamiamo paroletario.

un paroletario è chi non possiede niente, solo le sue parole. pertanto le deve trattare bene. deve rispettarle, coccolarle, investirle nel modo migliore, farle fruttare, regalarle, impacchettarle, infiocchettarle, vivere di esse, amarle. e con loro amare il prossimo. e, prima di tutto, se stesso.



paroletari di tutto il mondo, amatevi!

4 commenti:

Sandra B. ha detto...

Se poi ci aggiungi le condizioni di sfruttamento a cui sono sottoposti molti di noi "lavoratori della parola", il quadro è completo...

Anonimo ha detto...

sì, sandra, qui però stiamo parlando più delle parole che usiamo nella sfera privata, perché se ci riferiamo a quelle che usiamo per lavoro, be', devo ammettere che a volte è proprio difficile amarle.

hai presente quelle belle presentazioni di aziende in cui è tutto innovativo, sinergico e proiettato verso il futuro? oppure quei bei racconti in cui è tutto un aspetta un attimo, tutti strabuzzano gli occhi, hanno un tono di voce elegante e gridano ogni cinque minuti? è dura davvero.

noi ci riferivamo ad altre parole, a quelle che si dicono alle persone importanti, quelle che a volte si danno per scontate e che invece fa tanto bene sia dire che sentirsi dire.

quelle parole che vanno pesate, annusate, ascoltate, rilettee poi dette. senza se e senza ma. e anche senza nonostante.

Sandra B. ha detto...

Avevo capito, Chiara :)
Ma io penso per analogia, e 'paroletari' mi ha fatto venire in mente altro. Da qui il mio intervento, che si basava più sulla parola in sé che sulla tua definizione...

E comunque: tu non credi che questo amore per la parola, anche nella sfera privata, sia in qualche misura 'contaminato' dal nostro lavoro? Io ho la fortuna di non tradurre presentazioni di aziende e le famose 'vaccate' sono tutto sommato tollerabili. Il lavoro coi dizionari, poi... quello è fantastico, ci entri dentro, alle parole, e finisci con l'amare anche le più banali, quando scopri una sfumatura che non conoscevi.

E a volte... quanta attenzione nello scegliere la parola giusta da dire... certamente più attenzione di quella dedicata alla scelta di un sinonimo per una traduzione.
Una mia amica una volta discusse col marito che le rimproverò di "fare la psicologa" anche in casa. Lei rispose "io non faccio la psicologa, io sono psicologa". Il lavoro con le parole per me è un po' così, sconfina nella mia identità.
Dove finisce una dimensione e dove comincia l'altra? Dove arriva l'essere, e dove comincia il fare?
Per te non è così?

Unknown ha detto...

io sono un giocatore di parole, quasi un giocoliere...

ecco alcune prove della mia prole
http://redsplin.splinder.com