15 dicembre 2005

three imaginary boys

ringrazio bitrix per avermi suggerito la lettura di the door in the wall di h.g. wells. la storia, bellissima, mi ha fatto pensare a qualcosa di simile nella mia infanzia. anch'io conservo un ricordo analogo: io e mia madre andiamo a far visita a una sua amica. questa sua amica, una ragazza bionda che vive in una casa alquanto piccola, chiede a mia madre il permesso di portarmi a fare un giro nel giardino dietro casa. il giardino dietro casa è un parco sterminato. mi fa vedere anche un leone gigantesco, acquattato sull'erba e mi dice di non aver paura. un po' come le pantere del racconto. per diverso tempo ho conservato quel ricordo come se fosse qualcosa di realmente accaduto. ora, col senno di poi e l'incoercibile razionalità della vita adulta, dico che probabilmente si è trattato di un sogno molto vivido. devo dire che è sempre stato un bel ricordo, non mi ha mai ossessionato come la porta verde del protagonista del racconto. approfitto di questa strana e piacevole coincidenza per introdurre questo sondaggio: chi tra voi lettori omfaloscopici ha avuto amici o mondi immaginari nell'infanzia? gli amici immaginari sono una delle cose per me più affascinanti. io ne avevo diversi, ma i più cari - mi sembra di averne già parlato in questo blog - erano tottola, una persona veramente in gamba, e gibaud, come il dottore dell'eponima cintura, anche lui incredibilmente saggio. voi ce li avevate? ricordate qualcosa di loro? e ora dove sono?

14 commenti:

Anonimo ha detto...

non ricordo se avevo amici immaginari, ma mia figlia ne aveva tre: Marco è il primo che è comparso e lei era molto piccola, al massimo tre anni; poi una bambina (forse si chiamava Irene o Ilaria) e il di lei fratellino piccolo, ora non ricordo più i nomi....
C'è un episodio della sua vita che mi sta tanto a cuore: una sera ho trovato mia figlia (6/7 anni) sul letto che piangeva. Le ho chiesto ragione di quelle lacrime e lei mi ha dato un'elaborata spiegazione. Il succo era questo: aveva raccontato un episodio falso a un amico, e l'amico, pur sapendo benissimo che l'episodio era falso, aveva finto di crederle.
Piangeva sconsolatamente per l'inganno perpetrato e per la magnanimità dell'amico che aveva finto di crederle. Allora, nel tentativo di consolarla, sono partita in una disanima della menzogna versus la finzione creativa e le ho detto che se l'amico sapeva che si trattava di una "bugia" allora non era una menzogna, ma era piuttosto letteratura. I romanzi, le storie, erano proprio quello: per il loro piacere i lettori fingevano di credere a ciò che leggevano pur sapendo che non si trattava della verità, bensì di una costruzione dell'immaginazione dell'autore.
A niente sono valse le mie parole, mia figlia ha continuato a piangere...
Non riuscendo a trovare altri argomenti mi sono avviata verso la porta, prima di uscire dalla stanza le ho chiesto: "A chi l'hai raccontato quell'episodio falso, a un compagno di scuola?"
"A Marco." (L'amico fantastico)
Mi sono sentita precipitare in una mise en abime degna del miglior romanziere: come consolare una persona che piange perché ha raccontato un episodio non accaduto a una persona non esistente, che peraltro era perfettamente cosciente della non esistenza dell'accaduto?

Anonimo ha detto...

Mi è venuto in mente! Il piccolino si chiamava Michele

Anonimo ha detto...

Purtroppo non ho avuto nessun amico immaginario da bambina, né ricordo mondi fantastici. Che personcina banale! Però mi sto rifacendo con i miei figli: il grande (3 anni) ha cominciato a parlare di una certa bambina/bambino di nome "Skur" (lo scrivo così, ma in realtà mi piacerebbe conoscere le lingue scandinave con tutti quei loro bei segni strani, perché sono sicurissima che questo suo amico venga dal freddo Nord)quando ero incinta della secondogenita. La differenza è che mentre Giulia è uscita dalla pancia, Skur è ancora dentro la pancia di mio figlio - evidentemente si trova bene. A questo punto spero che esca un giorno già grande, plurilaureato e con un lavoro all'ONU, così paga le rate del mutuo al posto nostro.
Sempre mio figlio, quando gli dico che non possiamo comprare tutti i giochi che vorrebbe perché gli editori pagano troppo poco le traduzioni di mamma :-), mi dice che basta chiedere i soldi alla "Signora". Molto, molto, molto incuriosita gli ho chiesto più volte di illuminarmi sull'identità di questa preziosa sconosciuta e lui prima rimane sul vago," sì, quella signora lì...", poi dietro mia insistenza dice "la Signora Cacca". Ah, lo dicevo io che non esiste nessuno così folle o generoso da regalare soldi (a parte le finanziarie che ti fanno credere di farlo, ma poi ti annunciano che gli devi restituire il doppio di quello che ti hanno dato...)

Anonimo ha detto...

I vostri figli sono troppo simpatici! E creativi! Io da piccola avevo amici reali, ma creavo mondi immaginari in cui io, convinta di avere poteri magici,mi figuravo di cambiare tutto a mio piacimento. Scoprire che nella vita vera non era possibile è stato un discreto trauma, in effetti. Sono contenta che tu abbia letto il racconto, Feathe, e grazie per il link. Io l'ho letto in italiano, corro a salvarlo in inglese : ) Il succo che io ne ho tratto è: non solo le nostre azioni, ma anche le nostre omissioni diventano il nostro destino. Se c'è una porta, va aperta. Baci!

Anonimo ha detto...

ross, la storia di tua figlia è tenerissima. comunque si capisce a prima vista che è una persona molto bella. sono un po' sinestetica, e se penso a lei mi vengono in mente il giallo, il rosa, il verde chiaro e tutti i colori dell'inizio dell'estate.

gioeste, anch'io come tuo figlio avevo una signora nella pancia (non mi sono fatta mancare niente) che a sua volta aveva un bambino nella pancia. in pratica da piccola ero una matrioska. per quanto riguarda la signora cacca, il legame tra soldi ed escrementi è un archetipo, e tutti i bambini svegli sono esperti di archetipi.

bitrix: certo, ci si pente e ci si duole per pensieri, parole, opere e omissioni. anche e soprattutto le omissioni verso noi stessi.

Anonimo ha detto...

Confermo che la figlia di ross è bellissima, dentro e fuori.
Del resto come dice mio suocero, ex contadino "Le cerque non fa' le melarance", traduzione "Dalle querce non nascono le melarance"!
baci alle belle torinesi!

Anonimo ha detto...

ma vale averne ancora???

Anonimo ha detto...

vale vale. vale doppio.

Edward Phelan ha detto...
Questo commento è stato eliminato da un amministratore del blog.
Edward Phelan ha detto...

Io non ho avuto amici immaginari o, se li ho avuti, non li ricordo. Ho una vaghissima memoria della mia infanzia, come se in qualche modo avessi cancellato molto di quel vissuto. A volte penso che sia strano e mi chiedo se ciò avvenga anche per gli altri, ma sono sicuro che quando sarò più vecchio quei ricordi, che allora saranno più lontani, cominceranno a riaffiorare. Tornando agli amici, come ho detto, non ne ricordo di immaginari, ma ricordo bene che a otto anni ho incontrato, in un sogno ad occhi aperti, un'amica che, nella vita reale, avrei conosciuto solo alcuni mesi dopo.

Anonimo ha detto...

e ci credo che hai voluto cancellare la tua infanzia. col lavaggio del cervello milanista a cui ti ha sottoposto tuo fratello, altro che telefono azzurro.

Edward Phelan ha detto...

Dici che con l'età avrò incubi di cuscinetti e pupazzetti?

Anonimo ha detto...

Anch'io non ricordo molto della mia tenerissima età e quindi non ricordo come ho usato e sfruttato la mia immaginazione.
I miei due pupilli (10 e 7 anni) non accennano all'esistenza di nuessun amico immaginario. Non che io lo ritenga necessario o obbligatorio, ma ciò mi fa riflettere.
Che sia troppo faticoso per loro? Intendo che immaginare un amico, dargli voce, corpo, pensieri, carattere deve essere una "fatica". Piacevole sì, ma sempre fatica.
E in questo i miei ragazzi, figli della ns epoca così preconfezionata, incanalata affinchè i gusti siano il più possibile omogenei, non sono forse più capaci di inventarsi un gioco, un passatempo, figuriamoci un amico!
Mi assumo tutta la responsabilità di scelte fin troppo facili, che li hanno portati a preferire un videogioco ad una favola letta ad alta voce.
Ma nulla è perduto!
Sono un'ottimista cronica e con un po' di impegno (e tempo) sono sicura di riuscire quantomeno a bilanciare un po' queste tendenze.
Intanto un mega bacione a tutti quei bimbi che hanno voglia di inventarsi un amico. Speriamo che da grandi possano continuare ad inventarsi la vita!!!!

Edward Phelan ha detto...

Cara Kay, con una mamma creativa ed entusiasta come te, come potrebbe essere altrimenti? Ti abbraccio forte. Eddie :-)