15 settembre 2005

let's do loneliness in style

un giorno, quando avrò tempo, scriverò un saggio sul potere terapeutico dell'etimologia, una mia fissazione fin da piccola. quando mi soffermo ad analizzare gli strati di significato dietro una parola, un concetto, scopro legami insospettati con altre parole e concetti: scopro cioè altri modi di guardare un problema, altre angolazioni. in diversi momenti di crisi della mia vita mi sono data alla lettura dei dizionari (leggere il wahrig quando andavo all'università è stata un'esperienza quasi mistica). da ieri pomeriggio sono afflitta da un senso di estrema solitudine. non che sia cambiato qualcosa, ero sola già da prima, sono sola da un pezzo, ma da ieri pomeriggio la mia solitudine improvvisamente ha ripreso a farmi male. e allora ho chiesto aiuto all'etimoterapia. così ho scoperto che la parola "solo" deriva da una radice indoeuropea (*se / *so) che indica separazione ma anche unità. separazione da un'unità originaria? o unità nella separazione? il concetto è più chiaro se si pensa ad alone in inglese e allein in tedesco: un uno che rappresenta la totalità, che racchiude il tutto. e quindi forse sentirsi soli è anche sentire improvvisamente la responsabilità di essere tutto in uno, la responsabilità di essere dio. la solitudine di dio. mi sono tornati alla mente dei versi di emily dickinson (che tra l'altro scrisse anche one and one are one): "It might be lonelier without the Loneliness" e ho pensato che questo significa che devo considerare le due facce della solitudine, cioè i due significati opposti della radice *se / *so: separazione o unione. sta a me scegliere su quale concentrarmi. e mentre facevo questi pensieri la radio ha trasmesso "fishing for a dream" dei turin brakes che a un certo punto fa "let's do loneliness in style". e allora ho capito che era quella la risposta definitiva dell'oracolo omfaloscopico ai miei dilemmi.

6 commenti:

Anonimo ha detto...

La solitudine nasce nel momento in cui si spezza il legame tra l'io e l'ambiente, il tutto di cui l'io è partecipe in modi infiniti. E questa rottura il più delle volte è perdita di memoria, di contatto psicofisico con noi stessi e insieme con il riflesso del tutto che portiamo dentro. Io e tutto sono due, ma non sono due: questo è il vero gioco senza fine. Bisogna continuare a cercare in noi il filo che ci unisce a ciò che ci accade ogni giorno, senza pensare con troppa fretta che sia una questione di 'coincidenza'. Niente avviene a caso: tutto parte da noi e a noi fa ritorno. In un grande abbraccio

Anonimo ha detto...

Ma poi mi accorgo che probabilmente è solo un tarlo
di uno che ha tanto tempo ed anche il lusso di sprecarlo:
non posso o non so dir per niente se peggiore sia,
a conti fatti, la sua SOLITUDINE o la mia...

Anonimo ha detto...

Colonnello consegna le tue armi
non puoi vincere la lotta è già finita
hai la chiesa contro, gli alleati hanno tradito
e hai già perso troppi amici in questa guerra
hai preso parte a trentadue rivoluzioni
e trentadue rivoluzioni le hai perdute
tienes que esperar! Quando meno te lo aspetti
verrà un uomo con la tua bandiera in mano
Cent'anni (Cien anos) de SOLEDAD
troppe sconfitte, troppi nemici
tienes que esperar tienes tienes que esperar
cent'anni (Cien anos) de SOLEDAD

Anonimo ha detto...

io resto sempre e comunque per la mia SOLITUDINE molto rumorosa

Anonimo ha detto...

Un mio amico oggi mi ha detto:

'Quando galleggi nella merda non parlare, ne ingoi meno'


ECCo forse c'è qualcosa peggiore della solitudina esistenziale!!!

Anonimo ha detto...

non ricordo più in quale dei libri che studiavo per il mio counseling transpersonale a questo proposito si parlava di all-one-ness