21 ottobre 2007

Lector in blog



Siccome siamo sostenitrici assulute del “fai quell che cazo – con una zeta sola fa figo – ti pare”, per un po’ siamo sparite. Forse ce ne andremo di nuovo, forse torneremo prestissimo, forse punto e a capo.

Oggi abbiamo qualcosa da dire, e lo diciamo.

Ci fa piacere sapere che continuate a seguirci anche se latitiamo. È bello sentire l’affetto di chi ci conosce a anche quello di chi non sa nemmeno chi siamo. Ci fa piacere quando rispondete e dimostrate di non aver capito assolutamente nulla di quello che abbiamo scritto, ma interagite. Bello, bellissimo. Perché se c’è una cosa che apprezziamo di quel trombone di Umberto Eco, è la sua concezione del lector in fabula. Secondo il suddetto trombone un testo è incompleto senza l’intervento di un lettore che ne riempia gli spazi vuoti con la sua attività inferenziale. Nel blog i commentatori sono lì per rendere detto il non-detto, magari per dire anche dei non-detti che non c’entrano nulla coi non-detti di partenza, ma viva la comunicazione, viva il detto all’ennesima potenza.

I nostri primi post – quelli che i nostri esegeti futuri definiranno i post del post-Norwich – presupponevano un grande intervento dei lettori. Erano l’apoteosi del non-detto. Poi col tempo, la maternità e la didattica siamo diventate divulgative. Anche se non ce n’era bisogno, perché ci pensano già Piero Angela e Alberto Angela. E c’è pure la mia amica Angela che ci ha letto per tanto tempo.

Siamo diventate divulgative perché ci siamo accorte che si stava diffondendo il germe della dietrologia. E cioè: avranno detto questo perché intendevano quest’altro, o avranno detto questo perché pensavano che intendessimo quest’altro però volevano che capissimo quest’altro ancora? C’era chi voleva vedere chissà quali messaggi occulti nei nostri post: li leggevano allo specchio come le copertine dei dischi dei beatles, o li ascoltavano al contrario, per vedere se dicevamo che dio è morto.

Questo post è per dirvi che siamo davantologiche, cioè vi mettiamo davanti quel che siamo senza mezzi termini né maschere, ma non diventeremo mai nazionalpopolari.